"A FORZA DI ESSERE VENTO": LE PAROLE E LA MUSICA DI DE ANDRE' AL TEATRO DELLA FEDE
Di Carlo Caprino (del 22/06/2009 @ 09:53:26, in Cultura, letto 5476 volte)



Nelle opere d'arte, spesso sono i particolari ad essere più importanti delle caratteristiche più evidenti, ed un nome, un tocco, un accenno significano più di quanto a prima vista non appaia. Così, che la serata avesse come titolo una citazione della canzone“Khorakhanè” - che è a sua volta il nome di una tribù rom di provenienza serbo-montenegrina – già indicava in qualche modo quale aspetto della sterminata poetica di De Andrè si sarebbe trattato.

La poetica, il tempo, la religione, le figure femminili sono stati solo alcuni degli argomenti toccati da Pierfranco Bruni nel rispondere alle domande di Annamaria Caliandro, ed evocati dalla recitazione di Roberto Burano e Tano Chiari come dalla esecuzione musicale di Dina Spagnulo, Francesco Mariella e Gennaro D'Amicis. La sala del “Teatro della Fede” era strapiena e, nonostante la serata piovosa, più di qualcuno di quelli che non avevano trovato posto all'interno era fuori, ad ascoltare e ad applaudire.

In una chiacchierata prima dello spettacolo, un mio interlocutore, commentando il variegato orientamento politico di alcuni dei presenti ha definito De Andrè “trasversale”; un aggettivo che può essere interpretato in molti modi: da vivo De Andrè era trasversalmente antipatico a molti; schivo, aspro, sincero al limite della brutalità, troppo intellettuale e poco schierato. Da morto, come sempre accade, è stato pianto da molte lacrime di coccodrillo e “riscoperto”, come se a suo tempo non avesse detto, scritto e cantato con sufficiente chiarezza, quello che oggi altri fanno proprio con scarsa originalità.

Tra i tanti meriti di questa serata c'è stato certamente il rivendicare, da parte di Pierfranco Bruni, la “umanità” di De Andrè, il suo essere l'artista e poeta che - con Pasolini - diede una sferzata di rinnovamento alla cultura letteraria italiana degli anni '60, il suo interrogarsi sulla fede e sulla religione, il suo schierarsi con le minoranze, non per vezzo “radical chic”, ma come scelta di vita e di cuore.

Dopo la prima parte della serata c'è stato un intermezzo, con Annamaria Caliandro che ha cantato “Don Raffaè” accompagnata dal flauto di Mimmo Fornaro e dalla chitarra di Claudio De Vittorio, poi, ancora spazio alla voce di Dina Spagnulo, al contrabbasso di Francesco Mariella ed alla voce e tastiere di Gennaro D'Amicis, per un mini-concerto emozionante e partecipato, concluso con una ammaliante versione de “la ballata dell'amore cieco”.

Una bella serata conclusasi, come tutte le belle serate, troppo presto, in una via San Francesco finalmente chiusa al traffico automobilistico, sia pure per due sole ore, nel ricordo mai retorico di un artista che – a dieci anni dalla sua morte – ha ancora tante cose da dire.

 


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