"IO FIGLIO DI DALI'? VOGLIO CHE IL DUBBIO RIMANGA" PARLA JOSE VAN ROY AL CORRIERE DELLA SERA NEL 95
Di Redazione (del 09/09/2009 @ 14:36:27, in Cultura, letto 12032 volte)

"Io figlio di Dali' ? Voglio che il dubbio rimanga" PARLA JOSE VAN ROY - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - Alla Galleria Albatros (in via Monte Pertica 16 18) espone le sue opere Jose' Van Roy Dali' , riconosciuto, nonostante qualche riserva, unico figlio del geniale spagnolo Salvador Dali' .

 

"Allegorie floreali", questo il titolo della mostra, propone litografie e "pittosculture", apparentate alle creazioni di Salvador dal surrealismo: "Ma, all' opposto della complessita' culturale e tecnica di mio padre . spiega Van Roy Dali' . la mia pittura e' caratterizzata dalla semplicita' ". Il volto pieno, gli occhi piccoli e cerulei, i baffi all' insu' come l' illustre genitore, Jose' estrae da un grosso raccoglitore i suoi ricordi: le foto che lo ritraggono, piccolissimo, tra le braccia del papa' Salvador e della mamma Helene Deluvina Diakonoff (la famosa "Gala" che Dali' pote' sposare solo nel ' 51, perche' quando si innamorarono lei era gia' moglie del poeta Paul Eluard), le raccomandazioni del genitore all' amico Gerard Landry, perche' avesse cura del piccolo Jose' , l' atto notarile dell' 86 in cui Salvador Dali' sottoscrive che Jose' e' suo figlio.

 

"Ma perche' fornire dimostrazioni? . domanda Dali' .. A me non dispiace che il dubbio rimanga. Voglio essere considerato per le mie opere".

 

Jose' Van Roy Dali' , che vive ai Castelli con l' inseparabile moglie Barbara in una casa con tanti animali, e' nato nel ' 40 in Francia, a Perpignan, e non ha seguito il peregrinare dei genitori.

 

Affidato ad una famiglia italiana, racconta di aver trascorso con loro alcuni periodi a Port Lligat: "Mio padre diceva che non bisogna prendere la vita troppo sul serio. Da piccolo mi parlava in latino per assistere al mio stupore, o si presentava in piena notte ai piedi del mio letto con una lampada fingendo d' essere il diavolo. Mi spiego' che questi giochi servivano ad accendere l' intelligenza. Allora era cosi' geloso del suo lavoro, che non mi permetteva di dipingere. Diceva che nella vita bisogna coltivare la menzogna, perche' la verita' e' piatta. E rifiutava l' ignoranza di chi non vuole aprirsi al sapere. Infine mi ha insegnato ad apprezzare il bello, a partire dalla natura". E sua madre? "Lei era tutto per lui, lo aiutava a programmare la sua vita, un punto fermo".

Martellini Laura

Pagina 42
(28 maggio 1995) - Corriere della Sera

 

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