LE MARCE CONTRO LA VIOLENZA SERVONO? CONSIDERAZIONI DOPO LA FIACCOLATA DEL 24 MAGGIO
Di Giuseppe Vinci (del 31/05/2010 @ 07:25:12, in Editoriali, letto 2971 volte)

 

Servono le marce di bambini, insegnanti e genitori contro la violenza tra le persone? Che effetto possono avere su chi tende a usare la violenza come metodo o come stile di vita? La risposta alla prima domanda è, dal mio punto di vista un sì netto. Servono a costruire relazioni, rapporti tra le persone che si riconoscono e si rafforzano in un’idea positiva, e mettono le basi per affrontare il problema. Non per risolverlo, ma per contrastarlo fin quanto possibile.

La marcia unisce le persone e crea la comunità, incrementando il sentimento della sicurezza percepita soggettivamente. Quest’ultimo aspetto non è trascurabile: viviamo nel paradosso di sentirci più insicuri – rispetto alla violenza criminale più o meno organizzata – mentre i dati relativi a furti, rapine, omicidi ci dicono che mai come oggi nella storia (e ancor più negli ultimi anni!) siamo stati così sicuri. Sembra incredibile ma è così, e varrebbe la pena di riflettere, in un’altra occasione, su come si forma la sensazione della sicurezza.

Alla seconda domanda, se cioè attività sociali di questo tipo servano al contrasto della violenza, la risposta è: sì, ma solo in parte. Solo, cioè, nella parte in cui chi è portato a usare violenza sente che non ha campo libero, che esiste una collettività che non ha paura di unirsi e mostrarsi, in opposizione pacifica a qualcosa d’inaccettabile.

 

 



Il punto su cui soffermarsi è forse un altro. I comportamenti violenti o criminali di tante persone che stanno male e fanno star male gli altri li abbiamo visti svilupparsi in bambini che stavano sotto i nostri occhi di adulti-parenti, adulti-insegnanti, adulti-delle-istituzioni (servizi sociali e sanitari, tribunali per i minorenni, forze dell’ordine…). Assistiamo ogni giorno, di fronte a bambini che già manifestano gravi problemi, al primo di un film che potrebbe chiamarsi “Cronaca di una morte annunciata”.

Il secondo tempo si svolgerà anni dopo, quando il bambino sofferente o maltrattato diventerà un giovane e poi un’adulto che maltratta o fa soffrire. Abbiamo bisogno di diventare ancora un po’ più consapevoli di questo e rendere più forte una cultura e una risposta sociale a cose che oggi possiamo fin troppo facilmente prevedere. Dare cioè risposte assistenziali e terapeutiche utili ai bambini in difficoltà e alle loro famiglie prima che sia troppo tardi, e si riavvii il ciclo che riproduce il disagio da una generazione all’altra.

 



E allora ben vengano le marce dei bambini, degli insegnanti dei genitori. Ci aiutano a crescere insieme, promuovendo una cultura più alta, e ci indicano i passi in avanti che ci tocca compiere per far avanzare la civiltà. Le cose buone si fanno perchè qualcuno capisce prima e si impegna un po’ di più: grazie, allora, a chi – dentro e fuori la scuola – ha scelto di regalare a tutti questo impegno e questa bella opportunità di vita sociale.


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