"MA VUOLE ENTRARE IN POLITICA'?" UP PATRIOTS. OVVERO CONTRO LA DIFFERENZA, UNA POLITICA ATTIVA
Di Francesco Calzolaio (del 24/08/2010 @ 09:42:21, in Editoriali, letto 3185 volte)

"Ma non vorrà mica entrare in politica!?"; "se ha intenzione di fare politica lo dica!"; "speriamo non si metta a fare politica!".

Capita molto spesso di ascoltare osservazioni simili, talvolta anche tra i commenti agli articoli del nostro magazine. Una domanda nasce spontanea, ma che c'è di male a voler fare politica? Stiamo forse parlando di un crimine, di un'attività che è in sè immorale o nociva? O forse semplicemente siamo tutti vittime di un modo di intendere la politica che per forza di cose si è insinuato nel nostro modo di vedere!?

 

 

 

Sia ben chiaro, i motivi per essere diffidenti verso la politica non mancano, tutt'altro ... L'esperienza quotidiana ci insegna che la politica è intrallazzo, imbroglio, nel migliore dei casi semplice propaganda (o più spesso pura presa per i fondelli). Ma allora perché cambiare atteggiamento verso una cosa considerata tanto sporca?


Da un po' di tempo, a dire il vero non saprei dire da quando, si tende sempre più a confondere il contenitore con il contenuto o meglio l'idea con la sua attuale manifestazione. Chi è di sinistra o di destra deve necessariamente appoggiare e identificarsi con questo o quel partito, chi è contro il sistema economico-politico internazionale è per forza un "no global" (concetto oramai vago il cui significato mi sfugge), chi ha i pearcing o peggio ancora i dread è uno dei centri sociali, chi si interessa alla società in cui vive  è uno che "fa politica" e vuole o vorrà , cioè, riempirsi le tasche a spese dei contribuenti, chi critica la Chiesa è un ateo,  un comunista (ateo), comunque un non cristiano, eccetera, eccetera ...

 

 

 

Potrà anche in alcuni casi essere vero ma così facendo si perde di vista quel diritto fondamentale alla differenza che tutti gli esseri viventi hanno: la facoltà di essere autenticamente diversi nelle proprie cose e proprio per questo autentici e utili al cambiamento e al miglioramento della società.
Si potrà obbiettare che questa è una visione ingenua della realtà, beh ... mica tanto, se si tiene conto che tutte le semplici equivalenze sopra elencate sono propinate da chi ha interesse che la realtà sia così semplice. Ma la realtà non è semplice, è complessa e questa è la sua più bella qualità.

 


Tornando al tema della politica, prendiamo ad esempio la massima andreottiana che tutti conoscono: "il potere logora chi non ce l'ha". Si tramanda di generazione in generazione, è un insegnamento che da quando fu pronunciato dal vecchio saggio (sembra comunque che la paternità sia di un politico francese del XVIII secolo, ma non cambia molto) non ha smesso di essere divulgato e tirato in ballo in ogni discussione sul potere politico. In realtà, a ben vedere, per quanto realistica sia, la frase non è corretta. In una società democratica (e infatti nel 1700 la Francia non è una democrazia), il potere non si "ha", non si possiede ma si gestisce. Potrà sembrare una sottigliezza da poco ma invece è fondamentale perché ci ricorda che il potere (politico) è delle istituzioni e che queste esistono indipendentemente da chi in un dato momento storico le incarna.

 

 

 

La carica di sindaco esiste ed esisterà indipendentemente da Bagnardi, la Chiesa esisterà indipendentemente da Ratzinger, lo Stato italiano continuerà ad esistere anche senza Berlusconi, la sinistra non è Bersani o il PD o D'Alema. Il potere è proprio delle istituzioni e chi lo ricopre temporaneamente DEVE essere legittimato a farlo dal cittadino elettore, in mancanza di legittimazione il politico ritorna ad essere un normale cittadino che vale quanto gli altri (a ben vedere anche il politico in carica è un normale cittadino come tutti gli altri perché la legge è uguale per tutti, ma di questo non c'è memoria).
Ma così facendo si relativizza tutto! Certo, ed è proprio questa la pietra di volta per una vita politica attiva, questa la spinta a non fare di tutto una minestra insipida.  Ancora la varietà, la libertà, l'ingenuità (ovvero genuinità).

Allora se vogliamo ragionare per discorsi concreti e lineari, si pensi che più il cittadino si allontana dalla partecipazione politica e dalla vita attiva, più questa resterà nelle mani dei soliti noti e ignoti, sempre più crescerà l'olezzo e sempre più resteremo impastati nella società degli imbroglioni finché in ognuno di noi non germoglierà il seme dell'inerzia, della noia, del lamento e – male tra i mali – dell'imitazione (perché tra il politico che abusa della carica che ricopre corrompendo, rubando o dichiarando il falso e una piccola truffa del cittadino ai danni dello Stato c'è solo una differerenza di scala; ai presunti potenti spetta la torta, ai tapini le briciole). A ben vedere quindi, la diffidenza verso la politica in sè è funzionale solo a chi attualmente gestisce (ma non possiede!) il potere politico.

Up patriots!

 

 


(Nessuno dei lettori si senta offeso, le citazioni – non letterali – iniziali sono solamente uno spunto per un discorso molto più ampio che in fin dei conti trascende di gran lunga il legittimo sentimento di sconforto dei cittadini, compreso il sottoscritto).

 


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