GUERRA UMANITARIA IN LIBIA: A POCHI CHILOMETRI DA NOI MORTE E DISTRUZIONE IN NOME DELLA LIBERTA’
Di Francesco Calzolaio (del 28/03/2011 @ 12:00:08, in Esteri, letto 2306 volte)

Passano i giorni e sembra di rivivere una storia già vissuta, la guerra "umanitaria" incede e mostra il suo volto, quello di una guerra che in quanto tale con l'umanità ha davvero poco da spartire. Ripercorriamo gli eventi: quando sembrava che la rivolta libica stesse per giungere ad un triste epilogo con il trionfo di Gheddafi e un bagno di sangue a Bengasi, ecco che alcuni Paesi europei, prima tra tutti la Francia, decide di intervenire per scongiurare il peggio.

Sono i cosiddetti "volenterosi": la Francia, la Gran Bretagna e, suo malgrado, l'Italia. Ovviamente i bombardamenti raggiungono lo scopo (i principali obiettivi sono l'aviazione e la contraerea libica), però non si tratta di un intervento singolo o di una serie di interventi da portare a termine nel giro di qualche giorno. Ancora una volta ci si trova di fronte a qualcosa che si sa quando comincia ma non si sa quando finirà e soprattutto comincia ben presto ad aleggiare una domanda: "qual'è il vero scopo che spinge i «volenterosi» a intervenire nel contesto libico?".

Se la posizione dell'Italia è chiaramente quella di partecipare per non perdere altri punti nello scacchiere internazionale, lo zelo umanitario di Sarkozy desta qualche perplessità e c'è chi ipotizza addirittura che dietro tanta solerzia ci sia il desiderio di accaparrarsi le risorse petrolifere libiche.

 

 

 

L'operazione per il momento sembra dare esito positivo, città e aree riconquistate da Gheddafi sono passate nuovamente sotto il controllo degli insorti. Così sabato Ajdabiya, 160 chilometri a sud di Bengasi, è stata liberata e lo stesso è avvenuto anche per le città di Brega, Uqayla e Bin Jawad. Oramai anche l'area petrolifera nord-orientale tra Ras Lanuf e Tobruk è stata liberata e l'avanzata dei ribelli volge alla volta di Sirte, città natale e roccaforte di Ghedafi. A conferma del momento positivo per le forze di opposizione giungono le voci dei ribelli che si dicono pronti a cominciare in tempi brevi ad esportare il petrolio dei pozzi da poco riconquistati.

 

 

 

Il presidente Obama nel frattempo esulta per il successo delle operazioni e perché oggi il comando delle operazioni passerà interamente alla Nato (la Francia esulta di meno, premeva infatti perché alla Nato passasse il solo controllo tecnico delle operazioni e quello politico rimanesse nelle mani della coalizione dei "volenterosi") e si darà il via ad una nuova operazione denominata Unified protector per sottolineare l'intento unitario delle forze coinvolte. In effetti la necessità di una unica cabina di regia si faceva sempre più pressante, fino a ieri sono state addirittura tre le teste pensanti dell'alleanza internazionale anti-colonnello.

Come ha dichiarato sabato il ministro degli Esteri Frattini a "La Repubblica", in questi giorni le operazioni in campo libico hanno obbedito ad un triplice comando: uno Italo-americano, uno Francese ed un terzo Britannico.

 

 

 

Si fa pure avanti una proposta italo-tedesca per uscire dal conflitto. Lo rivela il ministro Frattini che senza scendere molto nei dettagli accenna ad alcuni punti centrali come l'esilio del colonnello, l'istituzione di un corridoio umanitario permanente e il coinvolgimento diretto della Lega araba e dell'Alleanza africana. Il progetto, che probabilmente sarà presentato martedì a Londra durante il vertice della coalizione, sembra destinato nel migliore dei casi ad affiancarsi all'azione franco-britannica e non a sostituirsi ad altri tipi di interventi, insomma ancora non sembra esserci molta chiarezza né sullo stato di cose, né sulle modalità con cui condurre l'azione militare. Intanto in Italia la politica si sbizzarrisce e dà il meglio di sé, ma questo merita di essere trattato a parte.

 

 

immagine: origin.tampabays10.com


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