“CADENZA D’INGANNO”, I SOGNI DI VENTO E ACCIAIO NEL ROMANZO DI ALFREDO ANNICCHIARICO
Di Carlo Caprino (del 05/04/2011 @ 05:14:43, in Cultura, letto 1877 volte)

Di che materia sono fatti i sogni dell’uomo? Per qualcuno della stessa materia delle stelle, per altri di acciaio, per altri ancora di vento. Sogni legati alla nostalgia del passato, alla speranza per il futuro o alla preoccupazione del presente; sogni sognati più nella frenesia del giorno che nel torpore della notte. Di sogni parla “Cadenza d’Inganno”, ultimo romanzo di Alfredo Annicchiarico, di quei sogni tanto potenti e vividi da voler diventare realtà a tutti i costi, spesso anche lottando contro la consapevolezza delle ripercussioni sulla vita di chi li sogna.

In uno spaccato gallese di fine ‘800 si innestano le grandi ed eterne tematiche della vita dell’uomo, il desiderio dell’Amore e l’anelare al progresso, le meschinità della politica di piccolo cabotaggio e la potenza del credo religioso come collante di una comunità sociale. La trama si dipana sicura e robusta come lo scorrere del fiume sulle cui sponde di svolge la storia, ed i protagonisti, anche quelli apparentemente minori, sono tratteggiati con un carattere ed una precisione quasi visiva.

 

 

 

Un romanzo “multisensoriale”, quello di Alfredo Annicchiarico, con i profumi della pioggia e della lavanda, la sensazione tattile dei disegni del ponte sognato e dell’acciaio forgiato, il rumore dello sciabordio delle onde, il sapore della birra scura dei pub che attendono i marinai o quello delle frittelle di mele della tradizione guidata dalla Torah ebraica, il rumore dei colpi che la sorte infierisce ai protagonisti come fosse lo spietato sparring partner di Rufus, pugile che ha aspettato troppo il combattimento decisivo ed ora che è arrivato non vuole più salire sul ring.

Il tempo, meteorologico e cronologico, è presente come un “deus ex machina” in “Cadenza d’Inganno”, un tempo quasi mai sincronico con i sogni umani, un tempo che fa piovere troppo presto o fa giungere un messaggio troppo tardi, un tempo che priva un figlio della soddisfazione di regalare un sogno al padre paralizzato e che restituisce un marito ad una moglie che sogna da anni un altro uomo, il tempo che manca al sindaco in carriera di una cittadina gallese per coronare il suo sogno di parlamentare a Londra e quello ciclico e quasi eterno dei racconti di Haberman l’affabulatore o di Eliah, il commerciante ebreo.

In una sorta di prova di orchestra, avvenimenti apparentemente dissonanti tra loro si accordano docili al fluire della sinfonia guidata dal gesto deciso che guida la bacchetta del direttore ed Alfredo Annicchiarico dimostra ancora una volta la capacità di raccontare luoghi e tempi lontani, narrando la storia dell’Uomo e dei suo perenni affanni.

 

 

 

Come succede per tanti sogni, che si interrompono bruschi per un risveglio improvviso, “Cadenza d’Inganno” termina le sue pagine senza una fine definitiva, in cui tutto è successo e tutto può succedere, lasciando al lettore la sottile nostalgia dell’età in cui, bambino, poteva aggirarsi libero a raccogliere il vento in un barattolo. Leggere questo romanzo non solo è un tuffo nell’anima dell’uomo, ma è anche un necessario e salutare stimolo ad interrogarsi sul futuro di una provincia che, all’acciaio, ha dato ed ha ricevuto tanto e che ha nel suo capoluogo, per coincidenza o no, un ponte d’acciaio che unisce e separa più che due quartieri, due modi di vivere.

Ma queste sono divagazioni sociologiche che poco o nulla hanno a che fare con un romanzo che, a partire dalla immagine di copertina e passando per una impaginazione attenta e curata, non mancherà di farsi apprezzare e ricordare.


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