IL CONCETTO DI DEMOCRAZIA E LA SUA INVOLUZIONE NELLE RIFLESSIONI DI PATRIZIO MAZZA
Di Carlo Caprino (del 03/06/2011 @ 10:27:59, in Politica, letto 2275 volte)

In queste settimane si fa un gran parlare di temi e principi quali democrazia, unità nazionale, diritto al voto, sovranità popolare e primato della repubblica; siamo passati dai festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità di Italia a quelli – recentissimi – per l’anniversario della Repubblica, dal voto per le amministrative a quello per i referendum. Mai come in queste settimane – sembrerebbe – i principi fondanti della democrazia sono applicati e vissuti, ma siamo davvero nelle condizioni di poterlo fare al meglio? Se lo chiede (e ce lo chiede) Patrizio Mazza, consigliere regionale della Puglia per l’Italia dei Valori, nella nota che segue.

Il concetto di democrazia è, nel pensiero comune, ancorato all’idea che il popolo possa esprimere liberamente le proprie idee. Da ciò la democrazia diventa compiuta quando le idee, oltre ad essere espresse trovano riscontro sociale, e ciò in primis mediante lo strumento legislativo.

 

 

 

Il percorso teso alle democrazie compiute è stato, nel corso dei secoli, complesso, laborioso per chi lo ha auspicato; storicamente vi sono state persino rivoluzioni cruente a ciò finalizzate e anche in questi ultimi mesi ne vediamo in giro per il mondo. La rivoluzione vera, quella che ha sancito un passaggio culturale fra l’oligarchia e la democrazia è stata sicuramente la rivoluzione industriale tra la fine dell’ottocento ed i primi novecento. Si è segnato un passaggio che ha sancito il vero cambiamento da società arcaica, inamovibile, a una società aperta allo sviluppo e all’innovazione e ciò rappresentava progresso.

E’ accaduto che la società aperta al cambiamento ha cominciato pian piano a prender coscienza che col potere economico, che andava spostandosi dal sistema agricolo -manifatturiero a quello industriale, e non solo, poteva orientare il popolo soprattutto attraverso la “manipolazione” di propri rappresentanti. Tale nuova rivoluzione, per l’Italia, è iniziata in sordina nel dopoguerra quando si è inventato il boom economico attraverso la creazione del debito pubblico che è quello oggi più rilevante al mondo. Attraverso la leva del debito, che si accumulava per ciascuno di noi, si è inculcato il concetto di benessere che la politica ci propinava, rimandando, di generazione in generazione il vero problema, cioè come rientrare con il debito, perché prima o poi ne avremmo pagato le conseguenze.

In tutto ciò è andato crescendo il peso di chi, a livello industriale, ha accresciuto la potenza economica ponendo anche ricatti e veti sul piano degli interventi, sulla base di un’eventuale perdita occupazionale. La debolezza crea indubbiamente la ricattabilità, specie quella economica, ma la debolezza della politica è ai fini della democrazia senz’altro quella più deleteria perché uccide la democrazia stessa. Se volessimo applicare tutto questo excursus a Taranto cosa potrei dire ? Sebbene il concetto lo ritenga applicabile ovunque vi sia una condizione di debolezza economica
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In una condizione di economia debole, ora come non mai, è gioco-forza che chi possegga potenzialità economica abbia più peso. Il peso politico e decisionale si può esercitare attraverso una scelta dei candidati che rappresentino il popolo nelle istituzioni politiche,e che siano ovviamente orientati. L’orientamento di parte può avvenire attraverso campagne elettorali supportate e attraverso anche un’informazione che crei in qualche modo il candidato e lo porti a misura di popolo.

Tutto ciò è palese, avviene ovunque, in Italia o nel mondo. Laddove le economie siano molteplici e anche l’apparato economico sia variegato e costituito da più soggetti, magari in competizione, si crea un’eterogenea compagine rappresentativa e ciò potrebbe essere un toccasana per la democrazia, quella vera, ma laddove l’economia è legata a pochi potentati è difficile che la si tuteli
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Tutto ruota nel sistema di potere e i rappresentanti del popolo sono i primi ad essere influenzati, è scritto ovunque, ed è estremamente difficile far emergere gli interessi veri della gente se questi non coincidano con quelli della “committenza di potere”; in questi casi la democrazia è apparente. Quando nasce un ipermercato la gente pensa che con quello eviti di andare in tanti diversi posti perdendo tempo, ma dietro un ipermercato c’è un grande potere economico che uccide la diversità, nuoce alla libera e sana concorrenza di imprenditori forse anche più qualificati.

 

 

 

Quale potrebbe essere la soluzione? Le associazioni spontanee di cittadini a tutela delle categorie più deboli agiscono in un momento in cui non è difficile trovare punti di debolezza, anche “economici”, ragione per cui potrebbero far massa critica; così potrebbe essere per qualsiasi movimento, come per quello degli ambientalisti , purché tutto non si perda in mille rivoli a causa della mancanza di una seria leadership non soggetta, anch’essa, a infiltrazioni che i poteri forti e occulti immettono.

Io personalmente sono abbastanza dubbioso sul fatto che si possa rivitalizzare la democrazia vera, partecipata, quella che si compie quotidianamente con il pensiero coerente e leale di chi un progetto di tutela del bene comune l’ha, e constato invece un sentore rinunciatario da parte di chiunque nel cimentarsi socialmente a tutela della “democrazia”, che si cristallizza con il leitmotiv: “io con la politica non voglio avere nulla a che fare “.

Nel frattempo la democrazia è in agonia perche sempre di più a decidere è chi detiene potere economico e pertanto sarà sempre peggio, perché quest’ultimo impedirà che altre economie concorrenti e/o completamente divergenti a quelle esistenti ma sane possano emergere: Taranto docet
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