LI VURTAGGHIE ANTICHI RICORDI: L'ACCHIATURA, TESORI NASCOSTI E SCOPERTE FORTUNATE
Di Angelo Nacci (del 19/08/2011 @ 07:10:50, in Li Vurtagghie, letto 2552 volte)

La parola “acchiatura” ai giorni nostri viene utilizzata molto soprattutto in campo turistico-culturale. Non a caso l' “Acchiatura” è il nome di un luogo dove si tengono importanti mostre d' arte a Grottaglie. Ma cos'è esattamente l' “acchiatura”? L' acchiatura è un tesoro. Un tesoro nascosto di grande valore, dimenticato nel tempo. Ha un valore inestimabile e farebbe la fortuna di colui che riuscisse a scoprirlo.

Spesso negli anni è capitato che nelle nostre campagne alcuni contadini siano riusciti a scoprire casualmente manufatti di valore di oltre un millennio di storia. Ma il significato di acchiatura va al di là di questo, non è il semplice ritrovamento casuale di oggetti di valore. L' acchiatura è avvolta da qualcosa di mistico. Infatti per essere tale deve essere prima sognata. Pertanto a colui che farà la fortunata scoperta, di notte in sogno apparirà un luogo ben preciso sede del futuro ritrovamento. Una sorta di mappa del tesoro onirica. Quindi chi sogna un' acchiatura, memorizza alcuni punti di riferimento apparsi in sogno come alberi o grandi pietre, “li pentme”.

 

 



In genere nell' immaginario popolare è proprio sotto una grande pietra che si nasconde il tesoro, basta solo rompere o girare la “pentma”. Ci sono molti luoghi indiziati per essere sedi di “acchiature”. Luoghi a volte anche “maledetti” come il Monte Salete sede di un' antica fortezza romana; ma questa è tutta un' altra storia. A volte è come se il tesoro chiamasse qualcuno per essere scoperto, un richiamo che spesso può rivelarsi essere ingannevole.

A tale proposito vi racconterò un aneddoto frutto della fantasia popolare. Una notte un contadino sognò l' acchiatura in una campagna che aveva già veduto durante la sua vita e che ricordava abbastanza bene. Memorizzato il punto si recò insieme al suo compare sul luogo del possibile ritrovamento. Era una zona di macchia mediterranea piena di arbusti, cipuddazze, calaprici e spadune. Sul terreno affiorava una grande pentma, che probabilmente rappresentava il coperchio del ricco tesoro.

Il contadino ed il suo compare allora riuscirono a togliere dapprima lo strato di terra che ricopriva la grande pietra fino a notare che su di essa vi era incisa una frase che diceva “Jat' a cci mi vota”, cioè “Beato a chi riuscirà a girarmi”. E allora i due compari motivati da ciò che avevano letto sulla pentma si impegnarono strenuamente a girare l' enorme e pesantissimo masso e dopo una giornata intera quasi all' imbrunire riuscirono a ribaltarlo.

 

 



Però li attese una bruttissima sorpresa: sotto l' enorme pentma non c' era la benchè minima ombra di un tesoro. C' era invece un' altra scritta che diceva: ”E mò ca m'é vutatu, tuttu lu culu m' è difriscatu” cioè :”Ed ora che mi hai ribaltato, mi hai rinfrescato tutto il lato posteriore”. Per molti il racconto terminava così, con una fregatura. Per altri invece il racconto continuava.

Infatti i due compari frustrati a causa dell' inutile lungo, infruttuoso ed estenuante lavoro iniziarono a picconare con rabbia l' enorme pentma che rompendosi fece venir fuori un grande tesoro.


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