IL DITO E LA LUNA, TRA GOSSIP IPOCRITA E CORRETTA COMUNICAZIONE
Di Carlo Caprino (del 20/01/2012 @ 07:45:16, in Editoriali, letto 1749 volte)

Scrivo a pochi giorni dalla messa in onda dello speciale di “Porta a Porta” dedicato al naufragio della Costa Concordia e dalle conseguenti, prevedibili polemiche. Retorica per retorica, salgo anche io sul banco del giudice come fanno spesso e volentieri la maggior parte degli italiani quando non sono impegnati a fare gli allenatori della nazionale di calcio o i ministri dell’economia, e mi lascio andare ad un paio di riflessioni.

L’Italia (non solo l’Italia in verità, ma qui da noi il fenomeno assume dimensioni macroscopiche) è un paese affetto dalla sindrome di giudizio digitale, strabico e limitato. “Digitale” perché non ha vie di mezzo, sfumature o considerazioni, è on-off, acceso-spento, ergastolo o assoluzione. A seconda dei casi l’autore di una strage il giorno dopo è agli arresti domiciliari grazie a cavilli capziosi oppure la folla invoca il cappio o la ghigliottina per l’autore del furto di una autoradio.

“Strabico e limitato” perché pare non esserci né voglia né capacità di andare oltre il dito che indica la luna; si impreca contro il falso invalido che percepisce ingiustamente la pensione ma nessuno colpisce i medici che con il loro parere hanno permesso il raggiro, si accusano di infingardaggine i vigili urbani che non perseguono le auto parcheggiate in divieto di sosta o davanti i passi carrabili ma poche parole di sdegno contro gli incivili possessori di quei veicoli,  si grida contro il deputato fannullone o incompetente autoassolvendosi dalla responsabilità di averlo votato, e via di questo passo.

 

 

Appare evidente a chiunque si soffermi a riflettere su siffatte situazioni che è praticamente impossibile distinguere in maniera maniche a Bene e Male, colpevoli ed innocenti, cause ed effetti; c’è una corresponsabilità, un intrico, una coazione ed una complicità conscia e inconscia tra tutti coloro che – in diversi modi – sono coinvolti in simili situazioni.

I tour organizzati come una gita aziendale per visitare la villetta dei Misseri ad Avetrana, il pubblico che fa “ciao ciao” con la manina alle spalle dell’inviato sul luogo di un disastro, le file alle cinque di mattina per prendere il numero di prenotazione che garantiva l’accesso al numero chiuso al processo ad Annamaria Franzoni, l’intervistato in qualità di testimone” per il solo fatto di essere amico del cugino del cognato dello zio di uno che passava di lì per caso sono facce di una stessa medaglia, che dall’altra parte la responsabilità che nel mondo della informazione e della comunicazione ci lavora, conoscendone e sfruttandone meccanismi e logiche, perverse quanto si vuole, ma inesorabili.

Che per molte televisioni locali e nazionali il sig. Michele Misseri sia familiarmente “zio Michele” è un fatto, che ci siano giornalisti che infilano un microfono anche tra i partecipanti ad una veglia funebre, che i particolari più truci e le immagini più impietose vengano sparate in prima pagina o in edizioni speciali con il sovrappiù di una ipocrisia pelosa e un dispiacere fasullo del tipo “non lo fo per piacer mio ma per dar figlioli a Dio” oramai è storia quotidiana.

 

 

Eros e Thanatos, Sesso e Morte sono dall’alba dei tempi delle pulsioni ancestrali, e il mondo dell’informazione e della comunicazione non fa eccezione e li sfrutta al meglio secondo i propri fini. Specie Eros fa gli straordinari, e non solo nella pubblicità - dove pure non c’è praticamente autovettura, tariffa telefonica, bevanda alcolica o deodorante che non mostri intriganti squarci di epidermide, specialmente femminile –, non solo nello spettacolo, dove non c’è varietà o programma di intrattenimento che abbia il balletto o la passeggiata della valletta di turno, scosciata e con reggiseno a balconcino, ma anche nella “informazione” (volutamente tra virgolette), dove ieri come oggi glutei e capezzoli sembrano doveroso contraltare di qualsivoglia notizia, tanto che anni fa il periodico satirico “Cuore” stilava settimanalmente la classifica commentata di quali e quanti seni e sederi fossero finiti in copertina de “L’Espresso” e “Panorama”.

Il sistema funziona, piaccia o non piaccia, e come ben sanno venditori ed acquirenti tanto del mercato rionale quanto delle borse internazionali, “chi disprezza compra” e non di rado chi deplora un nudo volgare o una immagine sanguinolenta ne è – sottosotto –affascinato (nel significato etimologico del termine).

 

 

E’ solo un caso italiano? Direi di no, come dimostra il can-can mediatico suscitato qualche mese fa dallo scandalo anglosassone del “News of the world”, tabloid scandalistico accusato di aver violato la privacy di migliaia di VIP e persone comuni e di aver rimestato nel torbido per aumentare la tiratura e le copie vendute. Ecco, siamo al punto; buttiamo giù un po’ di numeri, approssimati ma precisi quanto basta per il nostro ragionamento: l’Italia ha quasi 61 milioni di abitanti, il Regno Unito un paio di milioni di meno, quindi sostanzialmente siamo pari. Dove la differenza è eclatante è nelle abitudini di lettura, in cui i cugini inglesi ci surclassano alla grande: i principali quotidiani popolari inglesi snocciolano queste tirature: The Sun 2.783.110, Daily Mail 2.100.855, Daily Star 734.311, Daily Express 639.690, per un totale di più di sei milioni di copie, a cui si aggiungono quelle dei quotidiani “colti”: The Daily Telegraph 673,010, The Times 502.436, The Guardian 283,063, The Independent 183.547, per un totale complessivo di quasi otto milioni di copie al giorno. Poi ci sono i settimanali: il già citato News of The World con 2,606,397 di copie e punte anche di cinque milioni, The Sunday Times 1,202,235, The Sunday Telegraph 527,742, The Observer 453,071, The Independent on Sunday 155,661 per un totale di quasi cinque milioni di copie.

Come risponde l’Italia? Il Corriere della Sera “tira” 491.957 copie, La Repubblica 447.645, il Giornale 181.221 e Libero 106.872 per un totale di poco più di un milione e duecentomila copie, ovvero meno della metà della tiratura del solo quotidiano più venduto nel Regno Unito [fonte: www.freddynietzsche.com]. Ora, prendiamo il lettore medio del giornale di gossip anglosassone, possibile che su cinque milioni di persone nessuno, dico nessuno, si sia mai chiesto come certe notizie, certi scoop, certe indiscrezioni arrivavano alle rotative? Possibile che nessuno abbia mai avuto dubbi sulla liceità di questo “spiare dal buco della serratura” prima che partisse l’attacco (giustificato, per carità!) contro “News of the world” e – soprattutto, diciamolo – il suo proprietario, che in Inghilterra come in Italia stava e sta sul gozzo a molti, politici in primis.

Allora, se così è, sta a ciascuno di noi, che sia fruitore o produttore di notizie o di momenti di comunicazione per professione o per semplice passione, decidere come comportarsi e cosa ed in che modo “pubblicare” (etimologicamente parlando), sta a ciascuno di noi essere sempre consapevole che certe forme di sciacallaggio mediatico sono da evitare prima ancora che da condannare, perché prevenire è meglio che reprimere, sta a ciascuno di noi essere consapevole che la famigerata “audience” è un “padrone” inflessibile e impietoso, che nel mondo della comunicazione e della informazione non fa sconti e non ammette eccezioni. Se un programma “funziona” e fa ascolti va in onda, se un libro vende si ristampa, altrimenti la messa in onda si sospende o il libro va al macero, tertium non datur.

 

Dietro a certi media ci sono padrini e padroni a volte scoperti ed a volte palesi, e “fare ammuina”, dalla marina borbonica ad oggi, è sempre una pratica che ha la sua utilità per chi vuole alzare utili polveroni, che aiutano pigri e indolenti a guardare solo il dito senza sforzarsi di alzare lo sguardo verso la luna, anche in questo caso – certamente primo e non di rado unico – giudice e metro di paragone deve essere la propria sensibilità e la propria esperienza, consapevoli che il vedere la pagliuzza nell’occhio altrui non esclude che ci sia una trave nel nostro e che – parafrasando Sid Vicious, anche se qualcuno è più colpevole di altri, nessuno è innocente.


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