P. BRUNI: “CRISTO ERETICO NELL’UTOPIA DEL MISTERO COME VERITÀ DELLA SALVEZZA DIVINA OLTRE LA CHIESA”
Di Redazione (del 01/03/2013 @ 20:09:55, in Cultura, letto 1085 volte)

“Tra il Dio sconosciuto e il Dio ignoto c’è, in modo quasi paradossale anche sul piano di una metafisica sia teologica che filosofica, un Dio dimenticato. Ovvero un Dio esistente che si è fatto carne dentro quella ontologia della storia che non ammette dubbi ma che si definisce con la ragione dell’assoluto.” A riflettere sul dualismo - opposto o complementare che sia – tra “Fides” e “Ratio” è Pierfranco Bruni, che in questi giorni segnati dall’abbandono del soglio pontificio da parte Benedetto XVI, ritorna a riflettere sul significato della figura cristica a venti secoli della sua materializzazione terrena.

Chi ha fede e crede, crede perché ha fede ed ha fede perché crede. – scrive Bruni - Non si tratta di una articolata gioiosa forma linguistica ma di una visione dell’immortalità che si innesca nella coscienza degli uomini che abbandonano la parola della storia per incarnarsi nel mistero della parola. Dio non è storia perché non è ragione. Può sembrare una contraddizione di fatto e nei fatti ma la crisi di credibilità nella quale è caduta la Chiesa cattolica apostolica romana è una crisi di fatto e di avvenimenti che hanno messo in discussione il confronto e lo scontro tra ragione pratica e ragione etica. Siamo ancora nel campo filosofico e il pensiero non può che avvalersi di una gnosi alla quale faceva riferimento quella “Città di Dio” agostiniana che, comunque, cercava di farsi mistero.

 

 

 

 

La ragione agostiniana – prosegue Bruni - vive in uno scontro efficace tra fede (quindi certezza) e mistero (quindi dubbio). Ma Pascal che ha anteposto alla ragione della storia la ragione del cuore è entrato immediatamente in una teologia che è quella della parola. Ma il mistero ancora una volta non si serve della teologia della parola.

La crisi della Chiesa è il non voler ammettere la possibilità di un cristianesimo oltre la storia. Questo è uno dei punti nodali che pone una discussione sulla cristocentricità della missione religiosa cristiana. Il Cristo come centralità del sacro non subisce neppure “virtualmente” la crisi della fede perché è corpo e anima ma è, soprattutto, l’invisibile visione che è vivente nei cuori. Senza questa visibile visione vivente tutto diventa storia e tutto si lega ad una spiegazione delle ragioni fondamentali dell’uomo e dei popoli. Non saprei se accettare la discussione sulla ricerca della fede o dell’andare incontro alla fede.

Se parto da un presupposto mistico – alchemico (alchemico perché il mistero è un Oriente di pietre incastonate nelle verità non assolute e i paraggi dell’anima non conoscono punizioni) la ricerca della fede cosa diventa? Io non posso cercare la fede. È la fede che mi viene incontro. È la fede che si intreccia nel mio essere e trasforma il mio tempo in un non tempo che è l’indivisibile camminamento nell’eternità. Il camminare non è il cercare. Io cammino dentro l’attesa. Non cerco nell’attesa. Io vivo l’attesa.

Il mistero diventa così invalicabile e non ha bisogno più nè di un logos nè di una teologia perché il mio “sottosuolo” ha già dentro di sé il vuoto e la separazione tra l’essere e la ragione. La filosofia kirkegaardiana è molto più dentro il concetto di sacro – cristiano che in quello di teologia – storia. E se questo è il presupposto per focalizzare il mio sguardo sul Cristo della fede – mistero e non della fede – dubbio non posso che disconoscere la Chiesa come struttura pietrina
.

 

 

 

Cristo – nota Bruni - è il potere della volontà come rappresentazione dell’anima nella coscienza dei viandanti. Forse le riflessioni del saggio “L’anticristo” di Nietzsche hanno una loro attenzione verso quel sacro che non si definisce nella volontà di potere come rappresentazione (si entra e si esce dalle filosofie tardo romantiche decadenti) ma nell’attesa di un “Ecce homo”. Ciò mette in discussione le ragioni dell’ateo perché nel sangue di “Ecce homo” c’è la purificazione della storia teologica in mistero camminante.

Le crisi sono dovute a grandi confusioni in cui teologia, filosofia e mistero si annunciano come voci dialoganti. Ma non lo sono perché, in fondo, costituiscono un assoluto. La Chiesa è un assoluto perché, oltretutto, ha posto nel suo mosaico la teologia e la certezza del credo – credere. E perché, allora, il grande rifiuto di Celestino V? E perché l’abbandono di Benedetto XVI nel seguire la chiesa cattolica apostolica? Forse solo la contemplazione salverà il Cristo in Croce? E il Cristo risorto chi lo condurrà tra la conoscenza e la perseveranza nella proposta di fede? Abbiamo dimenticato Dio. Se Dio è morto qualcuno lo avrà ucciso? Ma Dio è morto? Lo abbiamo soltanto dimenticato e le responsabilità della Chiesa non sono poche. Perché credo? E se credo ho veramente fede?

Agostino resta per me una “confessione” aperta come è tale Paolo ma è Pietro che mi pone dei seri interrogativi e con Pietro la struttura della consegna delle Chiavi. Vivo non nella ricerca ma tra due pilastri che sono l’eresia nei confronti di una Chiesa che non mi appartiene e non condivido nella sua struttura pietrina (quindi, potrebbe anche non chiamarsi eresia perché non vi sono dentro) da una parte e l’utopia dall’altra. Eretico nei confronti della gerarchia del clero ma anche in una teologia clericale sorridente ad una utopia di un Cristo senza le gerarchie della chiesa. Ma Cristo è eresia oggi.

Cristo vivrebbe oggi da eretico. Ed io non vorrei viverlo nell’utopia del mistero. Ma nella verità della salvezza divina oltre la Chiesa. Quando scriveremo la storia dell’utopia non potremo che scrivere parimenti la storia dell’eresia. E il mio Cristo è un navigante vivente tra l’eresia della modernità e l’utopia di una Croce che è dentro di noi. Ma se è dentro di noi la Croce anche la Redenzione è il rilevante mistero che accompagna l’utopia del Cristo dimenticato in Cristo vivente.

La teologia –
conclude Bruni - resta una impalcatura che ha bisogno della storia come rivelazione. La fede nel credo e la cristocentricità sono senza le ragioni della storia perché sono mistero rivelante. Oggi è un grande dramma porre questioni del genere. Soprattutto perché ci troviamo a confrontarsi con una chiesa autoritaria ma decadente."


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