PICCHIARE NON FA RIMA CON EDUCARE, CON I BAMBINI MEGLIO IL "GENITORE OFFESO"
Di Gessica Caramia (del 12/07/2013 @ 07:50:07, in Gir baby, letto 1184 volte)

Allo scappellotto educativo che “aiuta a crescere” dato in punti in cui non fa ipoteticamente male come sederino e gambette, i psicologi sostituiscono ad esso la figura del genitore offeso. I genitori che sono convinti del positivo effetto educativo di qualche “scapaccione” rischiano di rendere i propri figli più aggressivi: ad un bambino va sempre spiegato con calma e chiaramente in cosa ha sbagliato e motivare la punizione.

Il ceffone terapeutico è allora un metodo superato? Gli esperti in materia sostengono che può fare più effetto di una sculacciata una frase del tipo “a mamma dispiace molto che tu faccia questo e ti comporti così”: se un figlio vede la mamma o il papà triste per quel che compie, è più facilmente portato a cambiare modo di comportarsi.

 

 

 

 

Lo schiaffo è un gesto che aiuta a crescere ma dato ad un età inferiore ai 2 anni, può risultare traumatico in quanto il bambino non è in grado di capire il motivo della punizione poiché è ancora in corso il senso di sicurezza proveniente dalla presenza dei genitori. Il duenne è più sensibile al tono di voce e alle espressioni del volto e del corpo del genitore e non ad una punizione corporale che spesso, nell’incomprensione delle stessa, viene poi fraintesa nel tempo.

Educare i propri figli è da sempre un dilemma per le giovani coppie ma anche per quelle più collaudate: i nuovi dilemmi educativi sono dati dalla frontiera dell’educazione digitale per i genitori di figli adolescenti.

 

 

 

Ad un brutto voto o al non rispetto del coprifuoco del rientro serale, confiscare cellulari, chiudere le pagine di facebook, cambiare le password dei social network. Per le nuove generazioni la priorità non è sempre uscire con gli amici ma essere virtualmente connessi, on-line.

Metodi denominati, secondo la pedagogia, come “educazione indiretta” in cui non si dà la punizione o il ceffone pedagogico a cui il figlio reagirebbe con la resistenza, l’orgoglio e il mutismo, ma a togliere ciò che lui vorrebbe per fargli comprendere che esistono delle regole e dei doveri, oltre che ai propri diritti (esempio: dopo i compiti fatti, televisione o computer acceso). Sembra facile ma è bene partire dal presupposto che si nasce figli e genitori si diventa: prima di cercare di domare caratteri ribelli con atteggiamenti forti, è bene fermarsi e comprendere i propri figli e cercare un canale di comunicazione e instaurare un dialogo che è sempre una porta aperta per un figlio di qualsiasi età.


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