SE L’OBIETTIVO DI NAPOLITANO DI PACIFICARE LA POLITICA È FALLITO SI DIMETTA CHIEDENDO SCUSA
Di Pierfranco Bruni (del 28/11/2013 @ 06:45:42, in Politica, letto 757 volte)

Se un Presidente della Repubblica viene rieletto, con una maggioranza “sovietica”, con l’obiettivo di “pacificare” gli animi politici e una Nazione (non uso il termine “paese” perché noi siamo una Nazione, una Patria, uno Stato: la concezione marxista di “paese” è giacobina e sarebbe ora di cominciare ad essere culturalmente meno timidi nei confronti di una cultura egemone che ha dettato regole e sregole) e invece di raggiungere tale obiettivo si trova con una Nazione spaccata, frantumata in Europa, politicamente in una contraddizione litigiosa tra Stato di Diritto e Ragion Pratica, ovvero tra una prassi cattocomunista (come la si potrebbe chiamare?) e un tradizional-liberismo, cosa dovrebbe fare?

Un Presidente della Repubblica, coerente con le sue premesse nel momento del reinsediamento, dovrebbe chiedere scusa a tutti gli Italiani per non essere riuscito a “ricucire” le ferite e non essere riuscito a creare i presupposti per l’obiettivo per il quale era stato eletto e dimettersi. Il Presidente della Repubblica dell’Italia post fascista e prima post – unitaria e ancora post – comunista dovrebbe semplicemente sussurrare: “Cittadini Italiani, il mio obiettivo è fallito. Rimetto il mio incarico di Presidente della Repubblica”. Avrà questa forza, questo coraggio, questa intuizione politica e culturale?

 

 

 

I fatti di questi mesi sono di una tale gravità che non fanno pensare soltanto, ma fanno capire che la democrazia in Italia è morta: per chi crede ancora nel concetto di democrazia, e al rapporto tra uguaglianza e libertà, è soltanto una metafisica di uno Stato che non è di Diritto ma giustizialista anche sul piano politico, smentendo così ogni filosofia del diritto applicata alla politica. Questo non significa concepire e sviluppare un “processo” di irresponsabilità e neppure bisogna continuare ad insistere che per senso di responsabilità il Presidente della Repubblica continui nel suo incarico. Ha fallito. Punto.

Una Nazione che per la prima volta rielegge un Capo dello Stato con degli scopi precisi, se questi scopi non vengono raggiunti il risultato è semplice. Si dimetta Presidente. Lei ha fallito. La Nazione è allo sbando. Il Governo si è ridotto a misero affare politico e non credo che Letta e compagni cattolici che lo seguono non abbiano percepito ciò. Sembrerebbe facile dire che “tiro” nel mucchio per difendere Berlusconi. Semplice accusarmi di ciò. Non è così.

Osservo e le mie idee non sono macellabili. Io, invece, sostengo altre specificità. Per quale motivo è stato rieletto Napolitano? Per quale motivo si è “aggiustato” un Governo di scopo? Per quale motivo si è parlato di larghe intese? Tra Camera, Senato e Repubblica “presidenziale” c’è ormai tutto l’Arco Costituzionale.

Il Pdl ha commesso un errore di fondo gravissimo, tanto che lo ha portato ad una spaccatura con un nuovo 25 Lugio (il 25 luglio si ripete costantemente nella storia d’Italia: d’altronde l’Italia cosiddetta democratica, repubblicana e antifascista è nata da tre avvenimenti metafisicamente attribuibili alla visione e all’immaginario di Giuda: 25 Luglio, 8 Settembre, 2 giugno, e non sono assolutamente monarchico).

Nel Pdl il fatto più anacronistico è la questione “tradimento”. Ma come vogliamo chiamarlo quello degli “Angelini” e dei “Quagliarelli”? Cittadini italiani non giacobini dateci voi un nome.

 

 

 

Il Pd non era a conoscenza già a priori della situazione in cui si trovava Berlusconi? Perché hanno accettato, loro i “moralisti” marxisticomunisti, di condividere fino a ieri una maggioranza capeggiata da un “avanzo di galera”? Dove sta la loro moralità? Ma la moralità è il compromesso? Il Presidente della Repubblica allora si è fatto rieleggere anche da un “avanzo di galera”? Perché sette anni fa il Centrodestra non aveva votato Napolitano.

E perché oggi il Capo del Pdl ha votato e ha imposto al suo “popolo” di votare per Napolitano? Il presidente di tutti? Ma cosa si intende per tutti? No. Non ci siamo. Non ci siamo sul piano dell’etica della politica e non ci siamo sul piano di una metafisica della politica. Uno Stato di Diritto, concepito soltanto nell’immaginario, non è uno Stato che applica soltanto delle “regole”. C’è una filosofia dietro le “regole”. Letta dovrebbe saperlo bene.

Ma la storia si complica quando si scontrano due modelli di vita. Qui si sono scontrati due modelli di concepire il senso della vita. Da una parte il giacobinismo (riuso questo termine) falsomoralista marxistacattolico e dall’altro liberal-tradizionalista per la Nazione (non uso volutamente il termine “nazionalista”). In mezzo ci sarebbe, signori miei, un Machiavelli che andrebbe riletto, e non sfogliato saltando volutamente le pagine, proprio alla luce di questa tragicacomica della politica italiana.

La gravità sta nel fatto che il Centrodestra abbia permesso la nascita del Governo Letta (ne paga giustamente le conseguenza) e nell’aver contribuito alla rielezione di Napolitano. Non è vero che la storia non si ripete. La storia si ripete e con le ideologie defunte, nonostante tutto, non si è mai seppellito definitivamente il cattocomunismo.


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