GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA LINGUA. LINGUE, DIVERSITÀ, PROCESSI CULTURALI
Di Pierfranco Bruni (del 21/02/2014 @ 05:30:03, in Cultura, letto 899 volte)

La lingua madre e le diversità. Resta un rapporto fondamentale soprattutto in quelle civiltà in cui le convivenze tra eredità, lingue e linguaggi creano non solo processi di confronto ma anche ricchezze tra culture. La lingua e le lingue sono il passato e il futuro, che già si vive nel presente dei popoli e delle Nazioni.

Il 21 febbraio si celebra la giornata internazionale della lingua madre. Processi letterari, dunque, e dimensioni etniche. Abitare una lingua, sosteneva Elias Canetti. È su questo presupposto che il discorso sul rapporto prima citato si pone con delle riflessioni. Dall’indifferenza alla nostalgia. Tra i segni e le memorie il tracciato è un lungo ricordo. Etnos- popolo. Tra etnie e scrittori. Ci sono processi culturali che si prestano ad una chiave di lettura in cui il valore antropologico e la “misura” etno-linguistica offrono delle interpretazioni che hanno delle caratteristiche che penetrano il senso mitico simbolico delle civiltà.

Il mito e il simbolo sono dominanti di un percorso certamente etnico che scava all’interno di quelle dimensioni che si prestano ad un riscontro letterario.

 

 

 

La letteratura ha, chiaramente, modelli grazie ai quali è possibile sostenere un rapporto sempre più nevralgico tra la parola (meglio sarebbe dire codice delle parole) e i fattori che riguardano più direttamente il sentimento della tradizione. Infatti l’incastro antropologico che si vive nella letteratura è un vissuto completamente dentro la storia delle comunità, le quali sono comunque espressioni di civiltà. Quando si parla di minoranze etnico-linguistiche è necessario ridefinire il senso e il tempo della loro presenza sul territorio ed è proprio la letteratura, grazie a scrittori e viaggiatori che vi hanno sostato o hanno penetrato l’anima del popolo attraverso uno scavo psicologico ed esistenziale del luogo, che ha gli strumenti per indagare nella stratigrafia di quella coscienza comunitaria dalla quale il sentimento della consapevolezza diventa realtà identitaria pur in una visione in cui il concetto di diversità resta fondamentale.

L’indifferenza nei confronti della diversità dei popoli è una sovrastruttura che non ci allontana dal problema reale perché in fondo è proprio da questa che il rapporto parola tradizione non assume uno spessore dissolvente ma ci mette a contatto non tanto o non solo con le eredità ma soprattutto con la nostalgia.

 

 

 

Il passaggio dalla indifferenza alla nostalgia non è soltanto un fenomeno culturale. È piuttosto un attraversamento non solo di valori ma di raggiungimento di quell’ordine sancito dai sentimenti che portano a capire le matrici dell’appartenenza. E se si volesse ancora insistere su questo dato non si potrebbe che aggiungere che il passaggio dalla indifferenza alla nostalgia è sancito proprio da una metafora indissolubile che è quella del mito-simbolo.

Nella letteratura il tracciato della metafora del viaggio è costantemente legato ad alcuni elementi principali: quello della terra, ovvero del riferimento ad una terra, quello del sentimento dello straniero, quello del vivere continuamente come se si aspettasse sempre un ritorno. Il saggio che qui si presenta è un progetto per capire il valore e il senso di un rapporto tra modelli etnici e letteratura, tra luoghi e scrittori. La letteratura, da questo punto di vista, lacera le croste della indifferenza per far approdare l’uomo e le civiltà ad un porto.

Gli scrittori e i poeti sono quelli che maggiormente hanno viaggiato, da naufraghi e da pellegrini, nell’etnos di una civiltà. E riferendosi in modo particolare a quelle culture minoritarie e a quegli scrittori che hanno abitato i luoghi che presentano realtà etniche ben contraddistinte la dimensione-visione del tempo-spazio nel gioco di quelle immagini metaforiche resta un dato nevralgico per sottolineare una interpretazione che non può essere letta soltanto come dato folcloristico ma la funzione puramente letteraria assume una struttura significativa e indelebile. Qual è in fondo il dato meditativo di questo confronto?

È appunto il trasporto che va da quella che abbiamo chiamato indifferenza alla nostalgia. Possono anche non essere constatazioni concrete in quanto si lavora e si opera anche intorno a modelli percettivi. Nel catturare l’indifferenza nei confronti di una civiltà altra si cerca non solo di indagare il perché ma anche di capire il sentimento stesso dell’indifferenza. Il più delle volte l’indifferenza è dovuta alla non conoscenza e quindi alla non consapevolezza di una identità storica. Quando viene meno la consapevolezza vengono meno i segni dell’appartenenza. Ed ecco perché è necessario insistere su una pedagogia della consapevolezza dei luoghi e del valore etnico.

Una volta introdotto un tale discorso nella temperie della consapevolezza il passaggio verso il sentiero della nostalgia diventa intrigante. Si ha nostalgia perché ci si rende conto dell’appartenere ad una cultura che si trasmette tramite la tradizione. Ed allora è qui che il dialogo tra tradizione ed identità, nel segno appunto dell’appartenenza, resta di una notevole importanza. Un altro fattore che gioca in questo passaggio è naturalmente quello della lingua perché la lingua è un veicolo di comunicazione ed essendo tale riesce a partecipare valori di senso grazie ad una griglia di elementi linguistici che ci portano dentro le matrici dell’essere civiltà. Si ritorna dunque al concetto di fondo che è quello del legame tra la lingua e la tradizione.

Pertanto la letteratura riesce a catturare questo legame nell’immenso scenario dei simboli. In fondo raccontare una terra, un mare o un luogo in termini più generali significa una proposta di immagini ma le immagini vanno lette e la lettura non è sempre di facile approccio perchè deve sapere imprigionare tali immagini con il sentimento dell’essere e dell’appartenere. Il processo al quale si faceva riferimento all’inizio si inserisce perciò in una duplice entratura di leggibilità. Una completamente etnica l’altra profondamente letteraria. Noi cerchiamo di metterle insieme con la presenza di una meditazione sui temi in questione ma in modo particolare con l’opera di quegli scrittori e di quei poeti che non hanno “ragionato” sui luoghi ma li hanno, come si diceva, percepiti e soprattutto sentiti.

Sentire un luogo non è soltanto appartenere un luogo, ma è anche viverlo con l’intensità di una nostalgia che riesce ad avere senso solo se la letteratura ha la forza di porre in essere l’umanesimo dell’appartenenza stessa. Sia in un approccio linguistico sia in un raccordo di sentimenti con quella geografia del luogo che sostanzialmente, per uno scrittore, è geografia dei suoni, dei linguaggi, delle memorie, dei ricordi. Quindi è una geografia della nostalgia. In un tale contesto la letteratura può farsi, in questi specifici casi, etno-linguistica, etno-storia in un inserimento di quella estetica che può diventare dissolvenza del reale per restare, nella stessa rappresentazione del reale, estetica della nostalgia. Etnos-popolo-civiltà. Qui l’intreccio diventa una vera e propria metafisica dell’anima.

Si ritorna alla antica metafora. Abitare un paese, abitare una lingua. Si abita una lingua perché si vive una Nazione, come metafisica della storia e delle geografie, tra civiltà e popoli.


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