LONGOBARDI, UNIMPRESA: “LE IMPRESE SONO STREMATE, IL FALLIMENTO Č INEVITABILE, PERSI 200MILA POSTI DI LAVORO L’ANNO”
Di Redazione (del 25/02/2014 @ 06:06:47, in Economia, letto 905 volte)

La situazione è da allarme rosso. L’emorragia di posti di lavoro si estende a vista d’occhio giorno dopo giorno e non si vede una via d’uscita. Le imprese sono stremate e il fallimento è inevitabile”, è la dichiarazione a tinte fosche del presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi, raccolta da Vito Piepoli, che scrive: Il presidente al nuovo governo di Matteo Renzi ha posto l’esigenza di varare riforme serie, volte a dare speranza agli imprenditori e alle famiglie. Per rimettere in moto l’economia, e quindi per far ripartire l’occupazione, dando alle aziende la possibilità di creare nuovi posti di lavoro, si deve dare impulso al credito e tagliare le tasse.

Secondo Longobardi “senza la liquidità delle banche e senza un abbattimento drastico della pressione fiscale il nostro Paese non ha futuro”. In questo quadro drammatico, abbiamo assistito finora purtroppo a una grande irresponsabilità dei partiti, specie quelli della maggioranza chiamati a sostenere il vecchio esecutivo, che si sono divisi su questioni minori invece di pensare a salvare il Paese, ha osservato il presidente di Unimpresa.

Un ragionamento e forse qualche ripensamento va fatto anche in chiave europea, visto che la Germania ha dati migliori, ma nel lungo periodo anche la robusta economia tedesca pagherà il conto in assenza di politiche economiche in grado di far ripartire anche i paesi più deboli"
, ha osservato in conclusione.

 

 

 

"In cinque anni di crisi in Italia è andato perso quasi un milione di posti di lavoro", si legge in un comunicato di Unimpresa. Dal 2008 al 2013 - evidenzia Piepoli - nel nostro Paese gli occupati sono scesi da 25,2 milioni a 24,3 milioni con un calo di 961mila unità (-3,8%). Nell’area euro, l’occupazione è risultata in caduta del 3,4% (-5,1 milioni) da 150,8 milioni a 145,7 milioni. L’unica eccezione risulta la Germania (+3,7%) che ha dato impiego a 1,5 milioni di persone in più (da 40,5 milioni a 42 milioni).

Questi i dati principali di un rapporto del Centro studi Unimpresa che ha analizzato l’andamento del mercato del lavoro in Italia e nell’area euro dal terzo trimestre 2008 al terzo trimestre 2013. L’analisi di Unimpresa, basata sui dati della Banca d’Italia, di Eurostat e di Istat, mette in luce che nell’area euro (Unione europea con 17 paesi) l’occupazione è calata complessivamente da 150,8 milioni a 145,7 milioni di unità. Pertanto i posti di lavoro in meno sono 5,1 milioni (-3,4%). Dentro i nostri confini, in media si sono persi 200mila posti di lavoro l’anno. Gli occupati erano 25,2 milioni a settembre 2008 mentre già nel 2009 (terzo trimestre) erano calati a quota 24,7 milioni. Ancora una diminuzione nel 2010 (terzo trimestre) a 24 milioni e 550mila unità, poi una lieve ripresa a settembre 2011 a 24 milioni e 714mila unità e ancora dopo altri dodici mesi (settembre 2012) con 24 milioni e 851mila unità occupate.

 

 

 

L’ultima istantanea però, al terzo trimestre 2013, restituisce una fotografia a tinte fosche. I posti di lavoro sono 24,3 milioni e rispetto all’inizio della crisi (terzo trimestre 2008) sono andati persi 961mila posti di lavoro con un calo percentuale pari al 3,8%. Non solo l’Italia, comunque, vede diminuire l’area dell'occupazione. Fra i principali paesi che adottano la moneta unica, il quadro è negativo anche in Francia e Spagna.

Nel dettaglio, in Francia nel terzo trimestre 2008 gli occupati erano 27,2 milioni mentre a settembre 2013 risultavano 27 milioni e quindi i posti di lavoro persi sono 230mila (-0,84%). In caduta libera è l’occupazione anche in Spagna che ha assistito ad un crollo della forza lavoro da 20,7 milioni a 17,2 milioni con 3,4 milioni (-16,5%) di occupati in meno. In controtendenza va solo la Germania.

L’ occupazione tedesca, nonostante la crisi finanziaria internazionale e la recessione che ha colpito l’Europa e il resto del mondo, è aumentata del 3,7% da 40,5 milioni a 42 milioni con una crescita di 1,5 milioni di posti di lavoro.



(Si ringrazia il giornalista Vito Piepoli per la gentile collaborazione)


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