In una delle sue prossime sedute, il consiglio comunale di Grottaglie sarà chiamato ad esprimersi su una mozione che impegni il sindaco e l’amministrazione a mobilitarsi organizzando un evento pubblico che sensibilizzi la cittadinanza nei confronti dei ripetuti episodi di violenza contro i fedeli di religione cristiana, verificatesi nelle ultime settimane in diverse parti del mondo. Sindaco ed amministrazione verranno altresì invitati ad esprimere – tramite il Ministero degli Esteri - la loro condanna alle ambasciate dei paesi teatro delle violenze cristianofobiche.
Di fronte a queste proposte, più di qualcuno rimane perplesso; mentre tutti noi siamo sostanzialmente concordi sulla necessità dello svolgimento dei compiti gestione ed indirizzo della macchina amministrativa municipale da parte del consiglio comunale, molti si chiedono quale sia l’utilità pratica di quegli “ordini del giorno” che sembrano a volte oscillare tra retorica “un tanto al chilo” e prese di posizione che sostanzialmente non cambiano l’ordine delle cose.
A che serve – ci si domanda – che il consiglio comunale si esprima contro le mutilazioni genitali femminili? Chi saprà mai in Iran che maggioranza ed opposizione all’unanimità hanno deplorato la condanna a morte di Shakineh Mohammadi Ashtiani? Farsi queste domande è senz’altro legittimo, ma è anche indice – sotto certi aspetti – di una sorta di “svalutazione” dei ruoli istituzionali.
Se prescindiamo, come forse è giusto che sia in questi casi, dal valore umano e dalla stima personale che ciascuno di noi nutre verso quel consigliere o quell’altro assessore, e focalizziamo l’attenzione ai compiti dell’istituzione che – volenti o nolenti – rappresenta tutti noi e dovrebbe in qualche modo esprimere il meglio dei nostri ideali e delle nostre ambizioni, allora forse non solo è opportuno, ma è anche auspicabile che, in occasione di particolari eventi, tanto tragici quanto felici, la massima assise cittadina (perché questo è, il consiglio comunale) prenda posizione, esprima il suo pensiero, espliciti la sua opinione.
In una democrazia rappresentativa come la nostra, gli eletti dovrebbero svolgere principalmente due funzioni, ovvero organizzare quanto necessario perché la vita quotidiana della società di cui sono espressione proceda e progredisca nelle migliori condizioni possibili, e tracciare un percorso che miri ad evidenziare e valorizzare gli ideali fondanti della società stessa.
Si tratta, in altre parole, da una parte di occuparsi della “normale amministrazione” quale può essere la gestione della cosiddetta “cosa pubblica”, e dall’altra di promuovere i valori ideali che a volte possono sembrare distanti ed avulsi dalla vita del cittadino comune, ma che comunque sono alla base della società civile come noi la conosciamo. Per quanto la cosa possa burocraticamente essere non citata nella costituzione della Comunità Europea, le nostre radici affondano nella cultura e nella civiltà ellenica e romana, società in cui il legame tra cittadini e rappresentanti era tanto sentito che il termine “idiota”, che noi oggi usiamo come sinonimo di “stupido”, indicava colui che non aveva sufficienti qualità intellettive per partecipare alla vita politica cittadina e tanto forte che ancora oggi l’idea della “agorà” come luogo di incontro, discussione e confronto sopravvive nell’usanza di discutere passeggiando su Viale Matteotti o seduti in piazza Principe di Piemonte.
Certo, a pensare male si fa peccato ma spesso si coglie nel segno, direbbe qualcuno citando un noto politico, e sospettare che certe prese i posizione sciacquino la coscienza e facciano guadagnare il gettone di presenza non è poi così strampalato, eppure sarebbe davvero un bel segno di civiltà se – una volta tanto – le sedie del pubblico fossero tutte occupate, se l’aula consigliare fosse piena, se cittadine e cittadini, la cosiddetta “gente comune” fosse presente in quella seduta del consiglio comunale e – insieme ai propri eletti – aldilà di steccati ideologici e religiosi, facesse sentire chiaro e forte il proprio “NO alla violenza”, sentito, condiviso e partecipato.
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