L'Italia è un paese dove la giustizia viene vissuta con un che di morboso e assolutistico. Forse perché in realtà la applicazione delle leggi nei tribunali è ben lontana dalla perfezione, nell'immaginario collettivo, dagli sceneggiati del commissario Maigret e del tenente Sheridan, sino alle sedute dense di umanità dolente e grottesca di “Forum” o alle granguignolesche ricostruzioni della scena del delitto di “Porta a Porta”, gli italiani sono un popolo di giudici più che di avvocati.
Giudici – ovviamente – dal potere assoluto e dal giudizio inappellabile e definitivo, in grado di sentenziare con cognizione di causa su ogni e qualsiasi argomento. Uniamoci a questa pletora di togati autoinvestiti del potere di giudicare e dibattiamo la vexata quaestio del languore (giammai chiamarla crisi!) che attanaglia il quartiere della ceramica grottagliese. Che sia colpa dell'euro o della crisi mondiale, dei prezzi esoso dei manufatti figulini o della concorrenza di altre località più agguerrite e appetibili ai turisti, fatto sta che via Crispi e strade limitrofe, che fino a pochi anni fa d'estate erano percorse da decine e decine di visitatori italiani e stranieri, oggi sono spesso e malvolentieri desolatamente deserte.
Nei giudizi di piazza che tanto piacciono agli italiani sopradetti, vale il principio che “tre indizi fanno una prova”; un principio che forse non risulta in nessun codice legislativo ma che certo orienta molti opinionisti. Ebbene, a sostenere che la crisi de "le Camennere” non sia una punizione divina ma il risultato di alcune scelte fatte o non fatte valgano tre esempi: Nel corso della estate appena trascorsa, il quartiere delle ceramiche ha visto il pienone in occasione di due eventi: “la festa dell'uva” e “la Ghironda”; due manifestazioni diverse tra loro come contenuto, organizzazione e pubblico di riferimento, ma comunque in grado di richiamare un numero di visitatori paragonabile ai tempi d'oro. “Certo, – obbietterà qualcuno – ma queste son manifestazioni che richiedono un impegno organizzativo ed economico che va aldilà delle possibilità del singolo o del privato”.
Tralasciando per un attimo il fatto che da anni si parla di consorzi e associazioni professionali senza che si vedano i risultati pratici di queste unioni che dovrebbero fare la forza, basta ricordare che anche il singolo, se dotato di lungimiranza, voglia di fare e intraprendenza può fare molto. Due esempi – per parlare di fatti concreti e non di teorie fumose: la serata di promozione dei vini di una cantina marchigiana e delle ceramiche di Enza Fasano l'anno scorso, e la massiccia affluenza di visitatori di ogni età, provenienza e – diciamolo – ceto sociale, allo studio Cromie in occasione della inaugurazione del “FAME Festival”. Anche in questo caso, due eventi quasi agli antipodi tra loro, ma caratterizzati dal fatto di catalizzare l'attenzione del pubblico (e di acquirenti) in un quartiere altrimenti deserto.
Se almeno la metòà delle botteghe o studi d'arte presenti nel quartiere organizzasse una serata a tema, un evento, una manifestazione (auspicabilmente coordinandosi con le altre, per evitare l'imbarazzante sovrapposizione di eventi registrata agli inizi di settembre, con feste religiose e sagre profane...) certamente il quartiere ne gioverebbe e i risultati – anche a livello economico - non mancherebbero.
Certo, si tratta di rischiare, di spremere il cervello e di mettere alla frusta la creatività, bisogna che operatori economici privati e istituzioni pubbliche riprendano a dialogare in termini più sinergici e meno diffidenti, bisogna soprattutto che qualcuno prosegua sulla strada già mostrata da alcuni “pionieri” dando sempre più ampiezza ad un circolo virtuoso che altri non potranno ignorare. Tutto ciò cozza con la placida attesa di molti, in attesa di un “qualcuno” che chissà se e quando arriverà, al pari dei soldati del forte Bastiani.
L'arringa si conclude qui, gli accusati sono tanti, ma nessuno si dichiara colpevole, fatto sta che il delitto è sotto gli occhi di tutti, e appare ormai scaduto il tempo per affidarsi alla sola clemenza della Corte.
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