Weekend all’insegna della “pazzia” quello messo in scena dal Gruppo Carmine nel Teatro Monticello di Grottaglie dal 23 al 25 marzo 2012. Chi ha visto i precedenti lavori di questo gruppo teatrale si aspetterebbe una rappresentazione fatta di tanti momenti gioviali e risate “grasse” sapendo che, comunque, c’è un messaggio profondo che sta lanciando.
Questa volta si cambia, il tema e i messaggi lanciati prendono letteralmente la scena mentre l’ironia addolcisce più che ridimensionare gli argomenti e le problematiche trattate. Un po’ come fa la musica di sottofondo sebbene, alle volte, appare troppo “invadente”. All’uscita dal teatro si sente un dolore come se si fossero subiti tanti “pugni allo stomaco” dati dai tanti momenti di pura emozione che riempiono questa straordinaria commedia grottagliese.
Andiamo per ordine partendo dalla scenografia che richiama il beneamato tricolore, l’Italia; la regia vorrebbe dire al pubblico che la clinica psichiatra rappresentata sul palco altro non è che il nostro “amato” Paese, la vera gabbia di matti! Le figure si susseguono sul palco, quello che balza subito all’occhio è lo stile diverso del dottore (quello vero) rispetto a quello dell’infermiera, stili completamente differenti, il primo attento alle regole (forse troppo), il secondo più amichevole (forse troppo); il giusto mix sarebbe una via di mezzo, un po’ come tutte le scelte della nostra vita dove la soluzione sta nel mezzo più che negli estremismi.
Il cuore dello spettacolo sono i problemi dei pazzi e le loro possibili cure. Gli attori, bravissimi, mettono in scena alcuni dei tanti pazzi presenti nella nostra vita reale più che in un manicomio. Ci si accorge come alcune di queste figure (quelle più pericolose) sono proprio quelle che quotidianamente riteniamo “normali”; basti pensare ai tanti Generali dei nostri giorni, troppo presi a mostrare quello che non sono per godersi il frutto della loro sensibilità.
Geniale l’idea di rinchiudere l’imprenditore che pensa solo agli affari; purtroppo, oggigiorno, sono vestiti in giacca e cravatta e, spesso, prendono decisioni importanti anche sulla vita di altri. La figura che più mi ha sorpreso è quello della “diva”, tanta sicurezza sbandierata quanta insicurezza incorporata a causa della violenza bieca degli uomini.
Nel manicomio italiano del Gruppo Teatro Carmine di Grottaglie c’è spazio anche per i “bamboccioni”, finalmente si è portato in scena quello che sono: dei “bebè” che si lamentano se gli togli il ciuccio, forse sono così non per colpa loro ma, purtroppo, sono così. Non lontano da questa è la figura dell’uomo-macchina, preso ad andare sempre in viaggio per non diventare “pazzo”.
Un po’ di rabbia, a me, fanno le pazzie della “mamma” e del “figlio”, la prima troppo presa a “vivere” in altri il figlio ormai morto per godersi la figlia viva che è lì, ai sui piedi, il secondo troppo preso a chiedere perdono a chi non può darlo per capire che il vero perdono lo deve chiedere e ottenere da se stesso. Coraggiose ma non sempre condivisibili le due forme di pazzie dovute all’errata educazione. Il medico (quello falso) che non mostra quella personalità che lo renderebbe più felice.
Ancora più coraggiosa e azzardata trovo la modalità di trattamento del vero tema sulla personalità dell’individuo, la sessualità. Siamo così sicuri che l’omosessualità si possa risolvere in un “deviazione” causata dall’errata educazione sessuale adolescenziale? Se è così, è strana la coincidenza che accomuna le “deviazioni” dell’uomo a quelle di tante specie presenti in natura e nel mondo animale (vedi le scimmie). All’uscita da teatro si comprende che questo spettacolo in realtà parla di noi, delle nostre paure e dell’immensa voglia di amare che può portarci alla pazzia, quelle tante forme di amore presenti dentro di noi come “nnu spuegghiu ti cipodda”.
Chi veramente riesce a parlare, capire e guarire queste nostre pazzie o modi di amare? I bambini. Il più grande Pazzo di tutti i tempi diceva: “In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli” e aggiungeva poi “Lasciateli, non impedite che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli”.
Solo gli occhi dei bambini riescono a capire che la pazzia altro non è che un diverso modo di amare. Ancora una volta questo gruppo teatrale guidato da Gaspare Mastro ha saputo portare in scena uno spettacolo unico e travolgente, semplice e complesso con un quadro e, sapendo che tutto ciò è fatto da non professionisti in modo gratuito altro non meritano che un grande ringraziamento da parte mia.
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