Insieme alla vite ed al frumento, l’olivo è certamente la pianta che ha segnato più profondamente il progresso dell’umanità sin dalla preistoria, specie nel bacino del Mediterraneo. Le prime testimonianze fossili di questa pianta risalgono infatti a più di cinquemila anni fa, e gli antichi Greci consideravano l’olivo una pianta sacra, tanto da farne un simbolo di forza fede e pace e punire con l’esilio chi ne sradicasse o danneggiasse una. Aldilà della mitologia, l’olio d’oliva fu anche – se non soprattutto – uno dei beni più preziosi scambiati tra i popoli del Mediterraneo, come testimoniano le giare, a volte ancora sigillate, ritrovate in diversi relitti di navi affondate nei secoli scorsi.
La Puglia, con i suoi 50 milioni di alberi d’olivo, è una delle regioni italiane in cui questa coltivazione costituisce da sempre una delle più importanti risorse agricole, anche per via delle condizioni ideali che presenta. L’olivo è infatti un albero sempreverde che predilige terreni collinari, clima marino ma indiretto, ama gli ambienti aridi e teme l’umidità e può essere coltivata anche su terreni calcarei e argillosi. Tra le provincie pugliesi, ormai da anni Taranto sta progressivamente affermando la qualità e la quantità della sua produzione olearia, migliorando sia gli impianti agricoli che le strutture di molitura, conservazione e commercializzazione dell’olio, guadagnando l’ambito marchio di qualità DOP/IGP.
L’olio d’oliva è da sempre impiegato nella gastronomia jonica, tanto con i prodotti della terra che con quelli del mare, a cui apporta un gusto ed un sapore inconfondibile. L’olio extravergine d’oliva tarantino, si ottiene dalla combinazione di varie specie e varietà di olivi, principalmente le qualità Leccino, Coratina, Ogliarola e Frantoio, presenti in percentuale diversa tra loro ma mai, tutte insieme, per una quantità inferiore all’80%. Il processo di raccolta delle olive che poi andranno a creare l’olio è piuttosto complesso ed articolato.
Le olive tarantine, infatti, cominciano ad essere raccolte dagli oliveti tra i mesi di Ottobre e Gennaio, e per essere distaccate dall’albero, vengono utilizzate delle procedure particolari e delicate che hanno il fine di non alterare la qualità delle olive. In passato, dagli alti alberi secolari le olive venivano fatte cadere percuotendo le chiome con lunghi bastoni, e venivano poi raccolte, ammucchiate con scope di saggina o una ad una da donne che lavoravano per lunghe ore in ginocchio e con la schiena curva. Oggi si preferiscono alberi più bassi, da cui le olive vengono prelevate con mezzi meccanici e raccolte con ampie reti poste alla base del tronco.
Oggi, come in passato, i tempi di lavorazione assumono importanza primaria, e le olive raccolte vengono trasportate al frantoio per la molitura entro due o tre giorni della raccolta, per impedire l’inevitabile degrado altrimenti causato dall’ammasso, che avrebbe ripercussioni negative sulle caratteristiche organolettiche dell’olio prodotto. Per questo, sulle strade cittadine e rurali, in questi giorni è facile incontrare trattori, camion o auto con carrello al traino, tutti carichi di “tinedde”, sacchi o ceste riempiti di olive, nere o verdi che siano, che fanno la spola tra i terreni di raccolta e i frantoi, rendendo evidente il risultato del lavoro paziente ed esperto dei tanti operatori del comparto agricolo grottagliese.
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