Torna a parlare di inquinamento e ambiente Patrizio Mazza, consigliere regionale della Puglia per l’Italia dei Valori; a pochi giorni dalla sua presa di posizione sul DdL su Benzo(a)pirene, le sue riflessioni hanno ora come oggetto la domanda di Autorizzazione Integrata ambientale (AIA) presentata dalla ILVA SpA per lo stabilimento di Taranto. Croce e ricchezza della provincia ionica, in merito al presente ed al futuro dello stabilimento siderurgico si continua a discutere, in cerca di una soluzione che metta d’accordo salute, ambiente, reddito e sviluppo.
“Il 22 Febbraio il testo del parere istruttorio conclusivo della domanda AIA presentata da ILVA Spa sarà sottoposto alla conferenza dei servizi, in Roma, presso il Ministero dell’Ambiente. Dopo aver esaminato il faldone di 1069 pagine reputo che nel valutare l’impatto ambientale di uno stabilimento come l’ILVA di Taranto occorrerebbe non fermarsi al mero aspetto tecnico, che diciamolo chiaramente si presta unicamente a valutazioni per esperti di settore, che vadano addentro agli innumerevoli processi di produzione dell’acciaio a partire dal carbon fossile in poi, con la previsione di almeno 10 macroprocessi che si articolano in circa 70 microprocessi per la produzione di tubi e laminati passando comunque per gli altiforni dove avviene la trasformazione vera della materia prima.
E’ incontrovertibile che la produzione di acciaio comporta circa 50-70 passaggi durante i quali avvengono produzione ed emissione di sostanze tossiche di cui alcune cancerogene. Ognuno di questi passaggi comporta emissioni di polveri o gas e viene riferito che in tutti i passaggi vi sono sistemi tecnici per l’abbattimento delle polveri e per il convogliamento dei gas. Il complesso sistema descritto nel parere è unicamente autoreferenziale e nella relazione svolta dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale si fa riferimento sempre a quanto dichiarato dal gestore dell’impianto ILVA e mai a quanto riscontrato.
Se come riteniamo l’impatto ambientale è riferito, non già a ciò che avviene all’interno dello stabilimento, ma a ciò che questo produce sull’esterno, ritengo che le questioni interne allo stabilimento e i vari passaggi produttivi dovrebbero essere materia di ispettorato del lavoro in termini di sicurezza per i lavoratori; ciò non solo nella direzione di incidenti possibili ma anche nella direzione di impatto sulla salute e soprattutto di incidenza di tumori fra i lavoratori ed ex lavoratori, e stabilire se le condizioni di lavoro abbiano compatibilità con le prospettive di salute ed eventualmente auspico che vengano stabiliti i criteri di indennità in tal senso.
Per ambiente noi intendiamo ciò con cui i cittadini di Taranto e Provincia hanno a che fare e ci riferiamo al mare, al suolo, al sottosuolo e all’aria. Quando si hanno oltre 50 punti di emissione di sostanze tossiche il sistema a mio avviso non è più controllabile nell’interno, sono tanti i passaggi che nessun moderno sistema può eliminare, forse è possibile ridurre. Se abbiamo una emissione di polveri da un processo di lavorazione e adottiamo un sistema per ridurne l’emissione esterna poi ci ritroviamo col problema di dove accumulare quelle polveri non emesse con l’aria; il concetto di inquinamento non cambia perché se quelle polveri verranno sotterrate nei siti all’interno dello stabilimento andranno a rimpinguare di inquinanti il mare e le falde acquifere o il sottosuolo o qualche discarica per cui il concetto non cambia.
L’ILVA, viene dichiarato, utilizza oltre 18 milioni di metri cubi di acqua dolce e oltre 1 miliardo e 300 milioni di metri cubi di acqua salata. Premesso che il consumo di acqua dell’ILVA corrisponde a quello di circa 180 mila famiglie, vale a dire 4 volte il consumo degli abitanti di Taranto, ci chiediamo come è possibile controllare questa massa di acqua che ovviamente dopo l’utilizzo va al mare sempre controllata con monitoraggi autoreferenziali e discontinui come viene detto. La maggior parte dell’acqua viene usata per il raffreddamento ma anche per l’abbattimento delle polveri e siamo sicuri che poi l’acqua reflua sia scevra da inquinanti?
Vorrei sottolineare che l’AIA, in definitiva deve essere necessariamente abbinata ad una valutazione accurata di ciò che si immette nell’ambiente circostante, indipendentemente da ciò che viene prodotto dall’industria. Prima dell’acquisizione dell’AIA si dovrebbe valutare le emissioni dei principali inquinanti cancerogeni attraverso l’aria e l’impatto che hanno lì dove vi sono insediamenti urbani circostanti, verificare lo stato del Mar Piccolo attraverso valutazioni in superficie e nel fondo del mare nonchè in profondità con carotaggi adeguati, lo stesso dicasi per il Mar Grande e per tutti i terreni circostanti nel raggio di almeno 20 Km. Inoltre occorre che vi sia tracciabilità delle scorie trasportate al di fuori dello stabilimento e per quanto attiene la destinazione finale. “
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